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Menotti Lerro è un autore, che tenta la tradizione, la sfida per andare oltre. Egli scardina così i miti di personaggi consolidati, provando a riproporli in una chiave diversa, tutta sua, attivando una fantasia, a volte, bizzarra, blasfema, reintroducendoli in un dibattito, sociologico e psicologico, tutto contemporaneo, che ne proclami le ragioni più superficialmente profonde, avrebbe detto Nietzsche. Importante, per lui, non è tanto sorprendere o, addirittura, scandalizzare, come si sarebbe appunto superficialmente indotti ad immaginare, ma dare forma e sostanza a fantasmi interiori, che egli però, si badi bene, evita, ancora una volta, accuratamente, di rendere autobiografico, anche se, a volte, la forza originaria dell'autobiografia resiste a questa deliberata operazione di depistaggio e slittamento, come ne Il gorilla, comunque pervaso da una tensione emotiva ed espressiva, che da un lato lo ricongiunge a una sorta di teatro dell'assurdo, dall'altro non può fare a meno di rivelarsi un tributo d'amore nei confronti del proprio genitore.